Bias cognitivi: cosa sono e come si usano nel marketing?

Bias cognitivi: cosa sono
Indice dei contenuti

I bias cognitivi possono essere definiti come una distorsione umana, riconoscibile in più individui, che spinge i singoli a ricreare una propria visione soggettiva che non corrisponde per forza a quella che corrisponde alla realtà. In altre parole, sono delle interpretazioni che abbiamo del mondo reale.

Tutto questo nasce da inclinazioni specifiche e riconoscibili nei confronti di segnali ben definiti. Appare chiaro, quindi, l’importanza di tutto ciò che riguarda i bias cognitivi all’interno delle tecniche e strategie di web marketing. Dal copywriting al web design, tutto può far leva sui bias cognitivi.

Per questo è importante capire come funzionano e quali sono i passaggi fondamentali per sfruttare la forza di questi errori di valutazioni, perfettamente umani e riscontrabili in ognuno di noi, che possono essere usati per raggiungere obiettivi importanti per la nostra attività online e offline.

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Cos’è un bias cognitivo e perché può essere utile

Il concetto in questione può essere facilmente avvicinato a quello di preconcetto o distorsione della realtà causata da una serie di esperienze e valori che precedono la situazione singola.

In sintesi, è un’interpretazione soggettiva della realtà che viene elaborata in modo da essere aderente alle proprie idee, influenzando il giudizio e le relative decisioni (anche di acquisto).

In realtà ci sono tanti elementi che possono influenzare il comportamento umano e i relativi bias cognitivi. Per esempio non bisogna dimenticare l’importanza delle credenze e influenze culturali, gli schemi mentali, la presenza di situazioni nelle quali è presente il giudizio altrui e infine la paura di prendere una decisione, fare qualcosa e influenzare le proprie scelte in modo negativo.

Bias cognitivi e marketing: qual è la relazione?

Attraverso queste distorsioni della realtà che vengono studiate dalla psicologia cognitiva è possibile influenzare il cliente nel momento in cui è più vulnerabile: prima di effettuare l’acquisto. La relazione tra bias cognitivi e influencer marketing è decisiva, da tenere sott’occhio:

  1. Individuo un target di riferimento.
  2. Studio una strategia di content marketing.
  3. Faccio arrivare persone sulla landing page.
  4. Le trasformo in lead con una call to action.

Questo è il momento, di solito ma non per forza, in cui il bias cognitivo può fare la felicità di chi si occupa dell’intera strategia. Come posso aumentare i clienti online e ottenere maggiori lead dalla mia attività? Attraverso un buon uso dei bias cognitivi. Ma quali sono? Cosa mi conviene usare?

3 distorsioni cognitive che puoi usare su internet

C’è una lista quasi infinita di bias cognitivi che influenzano il comportamento umano nel momento in cui deve prendere una decisione nel corso della propria giornata. Vuoi un elenco utile?

bias cognitivi marketing
Una lista infinita di bias cognitivi: clicca per ingrandire.

Puoi prendere come riferimento la lista di Andrea Saletti pubblicata sul suo blog dedicato al neuromarketing (per approfondire trovi anche il corso di Samo Academy firmato da Andrea).

C’è qualche passaggio da sottolineare ed estrapolare dalla lista di meccanismi automatici che ti consentono di influenzare il comportamento dei potenziali clienti? Ecco qualche esempio.

Bias dell’ancoraggio

Uno dei passaggi più importanti e diffusi tra le tecniche di marketing. Le persone tendono a prendere decisioni e valutare la realtà in base alle prime informazioni che si recuperano.

Hai un punto di riferimento e lo usi come ancoraggio: in parte riprende l’effetto primacy, vale a dire quello che pone come attenzione il primo elemento utile che riesci a individuare.

Riprova sociale

Come fai a ignorare questo elemento? La riprova sociale è quel meccanismo che ti consente di influenzare il pubblico attraverso le opinioni di altre persone. Si tratta di un bias cognitivo molto potente e capace di influenzare il pubblico nel prendere decisioni a tuo favore. Ma come funziona?

Semplice, lascio dei contributi di persone che hanno provato il mio servizio accompagnandoli con rating e foto. Questi testimonial mi permettono di dare delle rassicurazioni al pubblico: le persone vogliono muoversi in un territorio sicuro e la riprova sociale lavora in questa direzione.

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Bias dell’ingroup

Strettamente legato al punto precedente. Tendo a prendere come riferimento le opinioni e le informazioni i dati che arrivano da un gruppo che ritengo simile al mio. Di conseguenza le testimonianze funzionano di più se arrivano da persone che ritengo vicine al mio nucleo.

E che magari riconosco. Un esempio: in passato il Mi Piace di Facebook lasciava intravedere le foto delle persone più vicine alla mia cerchia di amici. Questo aumentava il coinvolgimento perché si tende a seguire il consiglio di una persona conosciuta. E che magari ha esperienza nel settore.

Cosa non sono i bias cognitivi nel web marketing

Spesso il concetto affrontato in quest’articolo viene sfruttato come un elemento utile per ingannare il potenziale cliente. Chiaro, il marketing rischia spesso di arrivare a questo tragico finale ma chi ha a cuore il proprio brand deve sempre considerare un punto: ogni forma di attività persuasiva deve essere accompagnata da una promessa di fondo che deve essere mantenuta. Sei d’accordo?

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