Brand naming: cos’è e come farlo con il Naming DESC

Il Brand Naming è l'arte di scegliere il nome giusto per un marchio. La creatività, da sola, non basta: creare un nome di successo per un brand significa anche valutare variabili linguistiche, di marketing e legali. Ecco le linee guida del Naming DESC, il metodo di naming ideato da Béatrice Ferrari.
Brand Naming
Indice dei contenuti

Il brand naming è il settore della brand identity che si occupa esclusivamente dell’aspetto verbale. Dall’inglese To name, cioè dare un nome, e Brand = marca: fare brand naming significa scegliere il nome commerciale giusto per un brand o un’azienda.

Perché è importante scegliere il nome giusto, e soprattutto quando il nome di un brand è efficace? Mentre pay off , logo e packaging possono cambiare nel tempo, il nome di un brand resta sempre lo stesso, anche dopo il rebranding.

Un nome è intramontabile quando rappresenta l’essenza del brand per sempre, perché i consumatori lo associano immediatamente alla sua gamma di prodotti o servizi ma soprattutto all’universo di emozioni che evoca.

Studio Samo Pro Minidegree

Va da sé che per scegliere un nome intramontabile non basta la sola creatività ma occorre valutare tutta una serie di variabili linguistiche, di marketing e proprietà intellettuale.

In questo articolo vedremo come fare con il metodo di Béatrice Ferrari, l’esperta di brand naming che ha messo a punto il Naming DESC.

Brand naming: cos’è un nome e quanti tipi ne esistono?

Un nome non deve necessariamente descrivere i servizi o prodotti erogati dal brand.

Spesso i nomi dei brand famosi non suggeriscono quello di cui si occupa l’azienda, eppure i consumatori lo sanno bene e li associano istantaneamente alla proposta commerciale.

Pensiamo a Amazon, che deve il suo nome al grande Rio delle Amazzoni, il fiume più grande del pianeta: tutti sanno che è l’e-commerce più famoso del mondo e che vi si può trovare di tutto, dalla a alla z.

Quello che forse non tutti sanno è perché Amazon si chiama così.

Qui il nome, che in prima battuta non è che un insieme suoni, è diventato il brand. Non importa tanto il significato della parola “Amazon” quanto cosa rappresenta, cosa comunica e come lo fa.

Il nome diventa il brand solo se alla base ci sono una strategia di brand naming efficace, una comunicazione forte e operazioni di marketing mirate.

Secondo Béatrice Ferrari il nome giusto per un brand deve essere:

Unico, Distintivo e Difendibile

Ma quanti tipi di brand name esistono?

Evocativo: suscita sensazioni e stimola la fantasia del consumatore senza descrivere la proposta commerciale.

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Questo tipo di nome è distintivo e facilmente memorizzabile grazie soprattutto alla sua natura metaforica. Starbucks, per esempio, è un nome evocativo.

La nota Coffee Company deve il suo nome a Starbuck, il primo ufficiale del romanzo Moby Dick.

Il richiamo al mondo marinaresco prosegue con la sirena del logo, che seduce gli amanti del caffè proprio come certe creature facevano con Ulisse e i suoi compagni nell’Odissea.

h2 brand-naming-starbucks

Descrittivo: descrive bene la proposta commerciale, è didascalico e comprensibile, e questi sono i suoi punti forti.

Spesso i nomi descrittivi non sono distintivi, cioè si ricordano difficilmente.

L’esempio canonico di nome descrittivo è Scarpe e Scarpe, azienda che ovviamente non si occupa di mobili.

Quando il nome pecca in memorabilità, si potrebbe dover investire più denaro ed energie per impostare una strategia di marketing che lo fissi nella mente del pubblico.

Un altro esempio di brand name descrittivo? booking.com.

h2 brand naming booking
Fonte: madreinitaly.info

Astratto: è un neologismo, cioè una parola nuova, senza significato.

Un nome astratto ha ottime chance di differenziarsi perché è unico e originale. Inoltre, sotto il punto di vista della proprietà intellettuale, è più difendibile di un nome descrittivo.

Kodak ed Etsy sono 2 brand che hanno scelto un nome astratto.

h2 brand-naming-kodak

Acronimo: fare brand naming con gli acronimi può essere rischioso perché il consumatore difficilmente memorizza una sigla.

Sì, è vero: tutti ricordiamo brand top of mind come Fiat, BMW o IBM.

Ma se un signor nessuno chiamasse il proprio e-commerce con le iniziali di nome e cognome rischierebbe di perdersi nella selva del web.

Patronimico: Louis Vuitton, Ralph Lauren, Chanel, Barilla, Roberto Cavalli, Gucci…

Il patronimico è una garanzia di affidabilità. Questo tipo di nome, molto comune fra i brand di lusso, è perfetto per le aziende che hanno già alle spalle una storia di successo e, per ovvie ragioni, non si adatta a una start-up.

h2 brand naming chanel

Fare brand naming con il metodo Naming DESC

Il nome:

  • viene scelto una volta sola e dura per sempre
  • è l’inizio della storia del brand anche più del logo, perché se un nome può esistere senza un logo, un logo non esiste senza nome
  • è l’elemento che capitalizza maggiormente il valore del brand

Per tutti questi motivi quando si fa brand naming conviene non lasciare niente al caso.

Il Naming DESC è proprio il percorso che non lascia spazio a imprecisioni. Si tratta di un metodo dove namewriter, esperti di marketing e consulenti di proprietà intellettuale lavorano insieme per creare il nome giusto per il brand.

Prima di esplorare il Naming DESC, facciamo una premessa: la scelta del nome dipende essenzialmente dalla natura dell’azienda e dagli obiettivi di marketing.

Le 4 fasi del Naming DESC

  1. Definire: nella prima fase del Naming DESC si definisce il compito di comunicazione, cioè cosa veicolerà il nome e come intende comunicare il brand. Qui il team pensa al tipo di nome da partorire alla fine del percorso – breve oppure lungo? descrittivo o astratto? emozionale o patronimico? – e stila la Mappa Linguistica che guiderà la creatività nei passaggi successivi. La fase di definizione prevede sia delle ricerche sui nomi di brand competitor che una riflessione attenta su identità aziendale, mission e valori. N.B. Il nome deve essere sempre coerente con i valori dell’azienda.
  2. Esplorare: in base alla Mappa Linguistica buttata giù in fase di definizione, il team libera la creatività per inventare tutti i nomi che può. L’esplorazione avviene in solitaria, per gruppi di brainstorming o col supporto del cliente. Siccome la creatività non va d’accordo col giudizio, in questa fase è proibito valutare la bontà dei nomi.
  3. Selezionare: è il momento di giudicare quali, tra quelli appena proposti, sono i nomi più adatti allo scopo fissato in fase di definizione. Si lavora in 2 fasi:
  4. Selezione legale: gli esperti di diritto dei marchi eliminano i nomi già registrati come marchio nelle stesse categorie merceologiche. Esistono 34 classi merceologiche di prodotti e 11 classi di servizi. Si possono registrare 2 nomi identici, purché questi descrivano prodotti o servizi appartenenti classi merceologiche diverse: Ferrari automobili e Ferrari spumante hanno lo stesso nome perché appartengono a due classi differenti.
  5. Selezione linguistica: tra i nomi disponibili dal punto di vista legale, si escludono quelli difficili da pronunciare o che hanno significati discutibili nelle lingue in cui il brand verrà lanciato.
  6. Controllare: è la fase in cui si verifica la validità dei nomi sopravvissuti alle fasi di selezione per decidere una volta per tutte qual è quello più adatto al brand. I consulenti in Proprietà Intellettuale e gli esperti di linguistica procedono con ulteriori ricerche per evitare eventuali opposizioni di terzi e valutare la capacità dei nomi a comunicare gli stessi valori nelle diverse culture in cui saranno esportati. Finiti gli accertamenti, il nome viene depositato come marchio di proprietà e, dopo la registrazione, resta valido per 10 anni rinnovabili all’infinito.

Linguistica e brand naming

Prima di diventare brand, il nome è innanzitutto un insieme di suoni e una parola. Qui entra in gioco la linguistica, cioè la disciplina che studia il linguaggio verbale umano e le sue strutture, dai suoni (fonetica) ai significati delle parole (semantica).

Ogni suono veicola una sensazione, ci avevi mai pensato?

Ecco come George Eastman, fondatore della Kodak, spiega la scelta del nome per il suo brand di pellicole fotografiche:


«Mi è sempre piaciuta la lettera K. Mi sembrava molto forte ed incisiva. Il nome che cercavo doveva assolutamente iniziare con una K. Mi sono messo quindi a creare tutte le combinazioni possibili di lettere che potevano formare una parola con inizio e fine in K. La parola Kodak fu il risultato».

Il brand name deve essere pronunciabile, memorabile ed esportabile.

Ciò significa che non può avere significati discutibili in nessuno dei paesi in cui sarà lanciato sul mercato.

Nella fase di selezione del Naming DESC, spetta al namewriter e al consulente in linguistica verificare che un determinato nome non evochi associazioni dubbie e che sia pronunciabile, quindi facilmente memorizzabile anche nelle lingue dei paesi coinvolti.

Un esempio di brand name poco adattabile alla lingua italiana? SEGA, la multinazionale giapponese per lo sviluppo di video game.

Per lo stesso principio i Morbidelli Sperlari sono stati lanciati all’estero con il nome di Nogadelli: in alcune lingue straniere infatti il termine morbid significa “morboso”.

Esplorare in creatività

A un primo sguardo il Naming DESC può sembrare un po’ troppo rigido, ma invece lascia spazio alla creatività, specialmente nella fase di Esplorazione. Qui i namewriter possono inventare centinaia di nomi.

Ma come si inventa un nome?

C’è chi stravolge una parola cambiando vocali o consonanti e vede quel che viene fuori, chi fonde due parole o procede per associazioni a partire da un’idea iniziale.

Valentina Falcinelli, esperta di identità verbale e fondatrice di Pennamontata, ha svelato sul blog aziendale la genesi del nome del brand. Per inventare Pennamontata ha fatto associazioni di idee, giocato con le le lettere e fuso due parole:

Sapevo che volevo occuparmi prevalentemente di copywriting e la mia parola di partenza era “scrittura”. Da lì ho iniziato a pensare a tutti i termini e ai concetti che avessero a che fare con la scrittura. (…) Ho poi legato a ciascuna di queste parole delle altre ancora. Nello specifico, “penna” è quella che ha stimolato di più la mia creatività. A “penna”, quindi, ho attaccato “inchiosto”, “biro”, “stilo” e infine “panna”. Quindi “panna” non poteva che farmi venire in mente la “panna montata”. Da lì il colpo di genio: “E se cambiassi panna montata in penna montata?”. Et voilà! Ecco come è stato partorito il nome Pennamontata.

Processo creativo notevole, vero?

Hai mai fatto brand naming con il Naming DESC?

Il brand naming non è una scienza esatta, ma il Naming DESC di Béatrice Ferrari è un modo eccellente di organizzare il lavoro per creare un nome aziendale di successo, difendibile secondo il diritto dei marchi ed efficace dal punto di vista del marketing e della comunicazione.

Non ne avevi mai sentito parlare? Beh, potresti applicarlo già da oggi.

Raccontaci la tua esperienza nei commenti se lo hai già utilizzato!

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