Come funziona l’esclusione di contenuti dalle campagne Display in Google Ads

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Saper creare un buon annuncio non basta. Non se viene visto in un contesto in grado di solleticare scarsamente l’interesse da parte dell’utente. Ciò è particolarmente vero quando parliamo di campagne in Rete Display in Google Ads, che stimolano un’esigenza ancora latente e dove la qualità del click – pur pagato relativamente meno – tende a variare parecchio.

Di base, quando creiamo un annuncio illustrato, questo può venire mostrato in siti appartenenti a diverse categorie, applicazioni per mobile e tablet e in sovrapposizione a video in YouTube. Diventa quindi fondamentale conoscere e padroneggiare le esclusioni di contenuti, preparando per i nostri annunci il migliore scenario possibile per coinvolgere l’utente.

Dalla seconda metà del 2018, Google ha messo mano in più occasioni alle impostazioni per l’esclusioni di contenuti: vediamo di fare chiarezza.

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A livello di campagna

Per ciascuna campagna in Rete Display è sempre disponibile, tra le impostazioni aggiuntive (nascoste di default), la sezione “Esclusione di contenuti”. In questo pannello puoi disattivare, attraverso i diversi flag, la pubblicazione degli annunci in diversi ambiti:

  • etichette per contenuti digitali
  • contenuti sensibili
  • tipo di contenuti

Il primo ambito, “etichette per contenuti digitali” restringe l’erogazione a contenuti classificati come adatti a tutti i segmenti di pubblico, adatti alle famiglie, tutto il pubblico accompagnato da genitori, adolescenti e così via. È di fatto una prima restrizione a livello di “età ideale per la fruizione” (se così vogliamo dire) del nostro target.

Sotto “contenuti sensibili” abbiamo la possibilità di escludere posizionamenti che tocchino tragedie, conflitti, problemi sociali o comunque sensibili, sessualmente allusivi e così via. Non è difficile immaginare infatti quanto potrebbe risultare indelicato un annuncio di un qualunque prodotto o servizio, posizionato su una testata giornalistica online insieme all’articolo sbagliato appartenente alle categorie di cui sopra.

Infine, “tipo di contenuti” raccoglie voci dal significato diverso. Tra le opzioni più interessanti, possiamo escludere la visualizzazione dell’annuncio all’interno di giochi, video di YouTube in live streaming o video incorporati (immaginando che l’attenzione per l’annuncio cali drasticamente), annunci below-the-fold (ovvero nella parte bassa della pagina, nascosta dallo scroll) e persino su domini parcheggiati (che notoriamente sono infarciti di annunci di bassa qualità).

A livello di account

Se agire a livello di campagna permette una migliore granularità nella scelta delle impostazioni, è anche possibile agire una volta per tutte a livello di intero account Google Ads.

In questo caso le impostazioni sono leggermente più difficili da trovare. È infatti necessario selezionare in alto a sinistra nel menù principale “Tutte le campagne”, poi nel sottomenù verticale entrare nelle “Impostazioni” e in alto, ora, in questa pagina, selezionare “Impostazioni account”.

In questo pannello ritroviamo la sezione “Contenuti esclusi” e “Tipi ed etichette esclusi”, che seguono le logiche già descritte a livello di campagna. Una volta salvate le impostazioni, ogni nuova campagna creata farà uso delle esclusioni scelte.

Che mi dici delle applicazioni su smartphone e tablet?

Per diversi anni, Google ha permesso agli advertiser di escludere con molta semplicità le visualizzazioni su app per smartphone e tablet, facendo uso di un particolare dominio di riferimento o di esplicite impostazioni a riguardo.

Oggi, purtroppo, non è più così.

Da settembre 2018 è stata deprecata l’esclusione del posizionamento adsenseformobileapps.com; allo stesso modo, anche l’esclusione di contenuto “App per dispositivi mobili GMob non interstitial”, è divenuta inattiva per le nuove campagne.

Oggi, l’impostazione relativa al posizionamento di un annuncio all’interno di app è stata assorbita dalle più generica impostazione riguardante i dispositivi, sotto “Telefoni cellulari” e “Tablet”. In sostanza, non è più possibile separare o escludere rapidamente l’erogazione degli annunci illustrati tra le applicazioni mobile.

Il problema, però, rimane. Come scrivevo in apertura, per una campagna Display il contesto è tutto. Un annuncio mostrato all’interno di un’applicazione mobile, su un dispositivo dallo spazio video limitato, ha molte più probabilità di generare clic di scarso valore (o persino del tutto inconsapevoli).

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Inoltre, quando parliamo di posizionamenti su domini (interi siti web) è semplice accorgersi della bontà del sito che ha ospitato il nostro annuncio (con una veloce visita da browser) con le applicazioni mobile è irrealistico pensare di poter comprendere l’esperienza vissuta dal cliente nel momento in cui ha fatto clic in ciascuna, specifica, applicazione.

Posizionamenti esclusi

Così, ha senso far notare che sempre a livello di posizionamento si nasconde uno spiraglio per contenere (se non controllare del tutto) l’erogazione sulle app: i posizionamenti esclusi.

Se ricordi, tra le opzioni di targeting, a fianco di “argomenti”, “segmenti di pubblico”, “parole chiave” e “demografica” troviamo da sempre “posizionamenti”. Questa voce ci permette solitamente di indicare attivamente su quali domini la nostra campagna dovrà essere erogata. È anche la sezione dove, se non avremo indicato attivamente dei posizionamenti, andremo comunque a controllare quelli ottenuti attraverso le altre opzioni di targeting.

Proprio in “posizionamenti” possiamo dunque gestire i posizionamenti esclusi, indicando su quali siti, interi canali o singoli video YouTube e appunto app o categorie app non mostrare gli annunci. È già qualcosa.

Il problema, non così piccolo, è che escludere una singola app significa comunque effettuare da questo pannello una ricerca per parola chiave, ottenendo un elenco di app da escludere eventualmente una per una. Irrealistico pensare di poter lavorare in modo proficuo.

L’esclusione per “categorie app” permette invece, come puoi immaginare, di escludere intere categorie di applicazioni mobile dall’App store di Apple, Google Play store e le applicazioni Windows Phone. Il problema? Le categorie sono 141. E agire a mano per ogni campagna può richiedere parecchio tempo (e probabilmente portarti una fastidiosa tendinite al polso) che potrebbe essere meglio speso.

Fortunatamente, per chi ne fa uso, è possibile impiegare AdWords Editor (sì, porta ancora il vecchio nome) per agire in massa proprio su quest’ultima impostazione, risparmiando qualche clic. Il risultato finale naturalmente non cambia, sia che si operi dall’interfaccia web che attraverso l’editor locale.

Riassumendo

In una piattaforma “frizzante” quale Google Ads è sempre stata, non è sufficiente concentrarsi sul messaggio e sull’architettura di una campagna. Che già, di per sé, sarebbe gran cosa.

È vitale tenersi aggiornati su piccole e grandi modifiche che possono impattare anche pesantemente sulla capacità di un annuncio di mostrarsi nel contesto giusto. Ne sono un esempio i diversi cambiamenti alle esclusioni per tipo di contenuti e la rimozione (quasi un cambio di rotta) delle esclusioni esplicite per app.

Un sano approccio al day-by-day delle campagne e un continuo monitoraggio dei posizionamenti ottenuti, per escludere perlomeno la testa grossa di app che hanno mostra i nostri annunci, è oggi più che mai importante.

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