SEOtrotter: ottimizzazione per l’estero

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Fare SEO è una di quelle attività trasversali del Marketing, che richiedono non solo competenze tecniche (e i linguaggi Web sono universali) ma anche “umanistiche” in quanto bisogna essere visibili sul canale Search per rispondere alle esigenze degli utenti, in modo da canalizzarli al proprio sito.

E se i fattori di posizionamento “da manuale” sono gli stessi da Cinisello Balsamo ad Albuquerque, è ovvio che la sciura Maria è un utente-tipo profondamente diverso da mister Castillo.

Eppure perché precludersi dei mercati più appetibili come budget e bacino di interesse, se abbiamo la possibilità di giocare in un campionato più grande? D’altronde il bello del Web-worker è anche questo: fare il SEOtrotter seduto sulla sedia girevole di casa.

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Ma per non fare figure da “shish” forse è meglio tenere da conto 5 accortezze, un po’ come i 5 giocatori di una squadra di basket giramondo come gli Harlem Globetrotters, appunto.

I 5 pilastri della tua SEO per l’estero

1. Indossa la maglia dell’utente di riferimento.

Sebbene lo dovresti già fare per l’utente-tipo italiano, se ti trovi a dover fare SEO per l’estero non puoi prescindere dall’imparare come ragiona e ricerca mister Castillo di cui sopra.

Le abitudini di ricerca, la scelta del risultato da cliccare, i termini per rendere i tuoi risultati UTILI per un utente che non pensa a come sei abituato possono essere totalmente diversi da quello che ti aspetti.

Ad esempio, l’utente-medio tricolore, di solito, preferisce cliccare sui risultati che promettono prezzi e offerte scontate, mentre un americano è più sensibile all’idea di un nuovo prodotto. Sai se questo può incidere anche nei risultati medi di ricerca?

2. Studia gli schemi di tutti i team del campionato.

Se lavori in un segmento specifico in Italia avrai interiorizzato anche le dinamiche di posizionamento.

Ad esempio, su un paio di settori, lavoro da abbastanza tempo da aver più o meno (sempre meno che più comunque!) capito come vengono effettuato le campagne di link building.

Per poi “dover disimparare ciò che ho imparato” (cit.) nello stesso settore ma in un paese differente perché anche gli operatori lavorano in un altro modo.

Mi è capitato tempo fa un e-commerce alimentare sul mercato spagnolo e, davvero, per certi aspetti mi sembrava un viaggio a ritroso nel tempo in tecniche offpage che funziona(va)no in maniera egregia.

3. Traduci e non localizzare che è sbagliare una schiacciata.

Per me questa è la base di tutto, post-analisi. Se non c’è volontà di localizzare ovvero di rendere il sito davvero utile a 360° (senza fallo dei passi) per un utente estero, allora è meglio lasciar perdere piuttosto che fare la solita figura dei raffazzonati.

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Ad esempio, lavorai su un sito che aveva i menu in inglese (tradotti automaticamente dal CMS) e i testi in italiano. Così non ha affatto senso  e si trasmette un’incuria che un’attività seria non si azzarderebbe mai di tenere.

4. Migliora l’UX di tutta la partita.

Localizzazione non vuol dire soltanto rendere i testi davvero comprensibili, utili e esaustivi per l’utente estero ma anche offrirgli la migliore esperienza di navigazione in base alle sue abitudini.

Hai mai pensato che un utente russo o cinese, per l’utilizzo differente del contenuto, potrebbe trovare difficoltosa una navigazione all’europea?

Riprendi anche il punto 2 e, se non conosci quel mercato, copia spudoratamente le migliori idee e poi mettici il genio italiano. L’altro plus insieme al buon mangiare che contraddistinguono il bello di mamma in trasferta, anche se solo virtualmente sul cliente estero.

5.  Triangola con budget, tempistiche e obiettivi.

Lo scrivo senza aver timore di sbagliare il tiro libero: budget e tempistiche all’italiana – spesso – non sono affatto congruenti per arrivare su un mercato estero.

Fosse anche solo per maggiore competizione (lago più grande, pesci più grossi) e possibile necessità di impiegare figure madrelingua o esperte per localizzare il sito e affiancare la SEO da quel punto di vista.

Di contro, anche gli obiettivi a volte sono “modesti”. Ci troviamo alla periferia dell’Impero digitale, se si vuole giocare in campionati più grandi allora bisogna avere il coraggio e l’ambizione di voler volare e schiacciare.

E tu cosa ne pensi? Hai un punto fisso per fare SEO all’estero?

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