Come spiegare il valore della SEO?

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Sono dell’idea che abbiamo un grosso, enorme problema noi “tipi che lavorano nell’Internet”: far percepire il valore di quel che facciamo, nel caso specifico della SEO.

In un paese dove la voragine del digital divide è così ampia che se ci caschi dentro hai un passaggio warp per la Cina, come vengono trattate le professionalità del Marketing Digitale avanzato?

Una cartina tornasole è il sondaggio delle retribuzioni Digital Marketing 2013-2014 condotto dal buon Andrea Scarpetta.

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Con tutto il rispetto per ogni lavoro svolto nell’alveo della legalità: ma dannazione, è normale che la retribuzione media è la stessa di attività per cui è necessaria una formazione minore (sicuramente non continuativa come le attività di SEO richiedono?).

Perché il cliente non percepisce il valore della SEO?

Al di là della recessione e della crisi strutturale – si, perché ora il velo di menzogne è tolto e la realtà la stiamo guardando in faccia noi che lavoriamo in questo periodo storico – tranne rari casi o grosse agency, gli introiti delle attività di SEO ,e del Digital Marketing in generale, sono una brutta scimmiottatura del giro estero di soldi intorno a questo settore.

Si può dire che siamo 10 (15) anni indietro a livello di mercato, con una discrepanza incredibile per quanto riguarda il livello medio di chi con questi lavori svolta – e fa svoltare – le bollette a fine mese.

Infatti, nel caso specifico della SEO, vuoi perché l’arte dell’arrangiarsi e del trovare “l’inganno dietro la linea guida” tutta italiana è un plus; il livello degli operatori non ha nulla da invidiare al resto del mondo.

Bada bene che intendo degli operatori reali, non di quelli che ammazzano il mercato o si improvvisano – quelli che fondamentalmente lo fanno per pagarci l’aperitivo e non che lo fanno per ragione di vita, nel senso che campano di questo lavoro.

Purtuttavia, da sempre credo che la presenza di questa (larga) fetta di “amatori” del ruolo sia necessaria sia per sgrassarsi dai pessimi clienti sia per essere il paragone migliorativo dei servizi offerte. Diavolo, chi campa di SEO dovrebbe essere il fustino di marca che vale due,tre fustini del comune detersivo.

Probabilmente, il cliente-tipo, anche quello “buono” ha difficoltà a percepire il valore della SEO (e dei lavori di Digital Marketing) per una serie di motivi standard:

  1.  Si tratta di un’attività immateriale, storicamente avversa al “se non vedo non credo” della mentalità diffidente.
  2. Il digital divide prima ancora che infrastrutturale è mentale: Internet non è un giochino. Si tratta del più grande e spettacolare successo anarco-capitalista della Storia.
  3. A questo si aggiunge una cultura d’impresa che, ove presente, è ferma agli anni del Drive In.

Cosa fare per permettere la percezione del valore della SEO?

Non credo ci sia una formula magica che vada bene per qualunque tipo di cliente. Certo se si è freelance bisogna iniziare a ragionare in maniera molto concreta, finanche cinica. E se si è di un’agency dotarsi dei migliori commerciali con una formazione seria sui servizi che si vogliono vendere, e non cold-callers incalliti.

Ma ci sono alcune buone pratiche che potrebbero tornare utili, oltre a contare fino a 100 prima di rompere il vetro per prendere la mannaia e fare Jack Torrance.

  1. Essere schietti.
  2. Affiancare il cliente nelle sue decisioni.
  3. Essere professionalmente ineccepibili.
  4. Essere proattivi.
  5. Mostrare, non raccontare.

Essere schietti. C’è poco da fare, che si tratti dell’ultima bettola di paese fino al prestigioso studio con le sedie in pelle umana dell’ufficio notarile, siamo tutti figli della terra in questo paese: bisogna parlare di “roba concreta” , senza utilizzare paroloni e andando al punto.

I funambolismi linguistici funzionano con professionalità che incutono rispetto, noi facciamo una professione troppo giovane che se lo deve ancora guadagnare.

Affiancare il cliente nelle sue decisioni. Lo so, si finisce sempre per fare 11 e ricevere 8 (e tocca ancora togliere le tasse) ma purtroppo, tranne casi particolari, la gran parte dei clienti non sarà mai strutturata da permetterti di svolgere il compitino.

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A me, ad esempio, è capitato di dover andare a scartabellare la contabilità di un’azienda per capire quale margine di guadagno avevano su ogni maledettissimo prodotto e capire quale parola chiave potesse avere il ROI maggiore. Perché il responsabile non ne aveva idea di cosa facesse guadagnare di più. Chi me lo faceva fare? Ma la differenza fra un professionista e un arrangiato la puoi fare anche qua.

Essere professionalmente ineccepibili. Sono il primo a parlare come l’ultimo matto della board di 4chan, si anche con i clienti, ma per essere schietto (vedi sopra). A livello di gestione cerco – ci provo, almeno – di essere ineccepibile con le scadenze, le consegne e la produzione di report e documenti chiari di quel che sto facendo.

Poi nel 75% dei casi neanche vengono letti, ma se dovessero servire, ecco che come un tignoso secchione tiro fuori la e-mail che dimostra quanto fatto.

Essere proattivi. Questa fa il paio con l’affiancamento. Bisogna fare come l’Omino Sentenzioso, in modo costruttivo, e cercare di offrire nuove soluzioni ai problemi che saltano fuori non preventivati.

E li fai te il preventivo. Si tratta anche di un modo di farsi strada nella galassia (cit. Jango Fett), no?

Mostrare, non raccontare. Mutuata dai manuali base della buona scrittura: non raccontare palle o approssimazioni al cliente, mostra quanto stai facendo e a che cosa sta portando e a cosa porterà.

I famosi “dati alla mano”. C’è gente che ha vinto le elezioni con questa roba.

Far percepire il valore: il vero ostacolo (per ora) insormontabile

La pazienza. In un paese dove un allenatore salta alla prima partita persa, beh, cercare di pianificare a lungo termine è sempre un esercizio arduo da proporre, specie per delle attività il cui risultato si vede nel medio-lungo periodo.

E tu cosa ne pensi?

Come cerchi di far percepire il valore delle azioni SEO ai tuoi clienti?

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