Quante volte hai letto un documento pubblico – un atto ufficiale del comune o di un qualsiasi organo della sanità – impiegando il doppio, il triplo delle risorse cognitive che di solito usi per digerire la stessa quantità di informazioni pubblicate da un altro soggetto?
A me capita spesso, ancora oggi. Ogni giorno. Quando leggo un testo partorito dalla Pubblica Amministrazione devo affrontare periodi contorti, termini sconosciuti alla maggior parte degli esseri umani, parole legate a un passato che si ricorda le guerre puniche.
Un mostro chiamato burocratese
La Pubblica Amministrazione non scrive male a priori: in linea di massima rispetta le regole della lingua italiana. Ma sceglie uno stile lontano da quello che incontri ogni giorno sul blog dell’amico o sul quotidiano che leggi al bar. La Pubblica Amministrazione preferisce uno stile che si allontana dal concetto di buona lettura, e comunica attraverso il burocratese: una deformazione della lingua italiana che viene utilizzata dagli impiegati per comunicare con il pubblico.
Il fulcro della complessità del linguaggio amministrativo risiede nella complessità morfo-sintattica. I testi burocratici presentano una costruzione sintattica molto elaborata, che porta alla produzione di frasi lunghe e con un ampio e ramificato uso della subordinazione (fonte Treccani).
Questa è la definizione base. L’interpretazione che voglio dare a questa deformazione della lingua italiana è un’altra: il burocratese viene utilizzato per creare una distanza abissale tra chi scrive e chi legge. Il potere burocratico della Pubblica Amministrazione non ha alcun interesse a ridurre le distanze tra chi scrive e chi legge.
Anzi, la distanza lessicale e sintattica stabilisce ruoli ben precisi: il burocratese non riproduce il rispetto delle regole, ma conferma la distanza necessaria alla Pubblica Amministrazione per imporre il proprio potere.
La differenza tra scritture e ambiti
Per l’impiegato della Pubblica Amministrazione non fa differenza se un documento venga capito o meno: non ha concorrenza. Il tuo blog, invece, ce l’ha. Il cittadino deve per forza impegnarsi per capire il significato di quella frase lunga e tortuosa, il lettore che atterra sul tuo blog no, può abbandonarlo e trovare una fonte diversa.
Il rischio per chi inizia a lavorare nel mondo del webwriting e del blogging è questo: scambiare il tono ampolloso del burocratese per scrittura distinta, capace di trasmettere competenze e autorevolezza.
Sbagliato. L’autorevolezza te la guadagni guardando negli occhi il lettore e creando (nel corso dei mesi, degli anni) un’alchimia tra personalizzazione dei contenuti e rispetto delle necessità del pubblico. L’autorevolezza arriva lavorando sui social, partecipando alle conversazioni, facendo comment marketing, dimostrando ogni giorno che sei una persona competente.
Ma soprattutto che sei una persona capace di raggiungere gli interessi del lettore, un professionista in grado di toccare gli aspetti più complessi della materia senza perdere al naturalezza, la semplicità, la vicinanza con il lettore. Una scrittura inamidata, distante, legata a un linguaggio burocratico non ha motivo di esistere nel mondo del SEO copywriting.
Come cambia la scrittura della PA
In realtà non ha motivo di esistere neanche nella Pubblica Amministrazione, o almeno in una Pubblica Amministrazione che vuole aiutare il cittadino a muoversi in quella selva di impegni, regole, leggi e cavilli.
Una comunicazione snella è sinonimo di efficienza, di informazioni che si muovono rapide e di utenti che arrivano allo sportello con le idee chiare. O che magari non arrivano proprio allo sportello perché hanno già trovato le informazioni necessarie.
Scrivere per comunicare, comunicare per aiutare chi sta leggendo a trovare la soluzione ai propri problemi senza dover ricorrere al vocabolario o impiegare 20 minuti per leggere una pagina: questo è un obiettivo che la Pubblica Amministrazione dovrebbe adottare, non credi?